domenica 6 novembre 2011

"Cristo si è fermato ad Eboli" di Francesco Rosi




L'amaro reportage di Carlo levi nella "seconda Italia": quella contadina, quella del Sud, quella che preferisce i briganti (e i mafiosi) al padrone ricco e settentrionale che non li comprende e che si relaziona a loro solo per tassarli. 




Chiunque voglia capire meglio i diversi aspetti e le diverse anime del nostro paese, nonché i problemi governativi che ci portiamo dietro da decenni, farebbe bene a vedere questo film. L'opera è anche un bello scorcio del periodo tra le due guerre (1935): il contesto è quello della Roma mussoliniana e delle sue imprese in Abissinia attraverso lo sguardo "altro" di un paesino contadino del Sud, con i suoi rituali e i suoi personaggi (podestà, prete, donna peccaminosa, medico,…)

2 commenti:

  1. Complessa e acuta riflessione sugli anni di confinamento di Levi a 'Sud' attraverso lo sguardo di Rosi in un film del '79, di qualche anno successivo alla morte di Levi ('75). Levi, torinese, in Lucania, in una terra di confinamento di dissidenti politici al regime fascista e da centinaia di anni confinata a terra di conquista,abbandonata a se stessa, al suo destino ineluttabile e senza sorprese, lacerata nella propria identità culturale. Luogo apparentemente incomprensibile fatto di sciocche credenze e superstizioni- così vicine le descrizioni di E. De Martino in 'Sud e Magia'-, di ignoranza e inciviltà, dove la medicina è guardata con diffidenza (e sul finale si capisce bene il perchè!). Terra arida e deserta (ironiche le inquadrature alla campagna lucana di sottodondo al discorso di MUssolini sulla conquista fascista guidata da Benoglio dell' <> d'Abissinia)in cui si invoca la pioggia, dove troppo faticoso è il lavoro nei campi e le case ed il paese crollano- bellissimi i fiocchi neri 'appuntati' alle porte delle case che sembrano sorreggere gli edifici e le persone che li abitano- e se scavi trovi sempre le ossa dei morti. Una terra amara in cui si vive nel ricordo in un presente che è un continuo passato che non lascia alcuna prospettiva futura. Un tempo che scorre inerosabile e sempre uguale a se stesso in cui gli eventi perdono qualsiasi ragione storica e le date degli avvenimenti non sono altro che cifra menmonica e simbolica.
    Indelebile il ricordo delle teste dei briganti appese all'ingresso e nella piazza del paese, mito di una lotta 'contadina', inutile resistenza, mito del brigante (altra cosa il 'mafioso'), del 'vinto' destinato ad un martirio senza redenzione, e che sopravvive nelle coscienze della gente come un monito che spinge al 'disinteresse', alla rassegnazione, all'abbandono, alla rinuncia. La possibilità ed il cambiamento può avvenire solo in un altro luogo, la lotta per la difesa dei diritti e contro i soprusi (brigante) lascia il posto ad un nuovo mito (emigrante), quello del benessere economico e a nuovi sogni: l'America e il Nord Italia.
    In una società in cui l'individuo è intenzionalmente reso incapace e terrorizzato, privato di ogni diritto, perfino del diritto alla protesta e alla socialità (si veda nel film il rapporto tra i due comunisti confinati ridotto allo 'scambio' del piatto di spaghetti e al paventato ordine di aprire il fuoco sui contadini in protesta davanti al palazzo del podestà), quale è il rapporto tra cittadino e Stato? Qual'è la libertà dell'individuo nella società? caduti questi principi essere fascista o antifascista non ha molta importanza, non rimangono che ideologie.
    Quanto profonda deve essere la ferita per la perdita dei propri diritti da far sconfinare quel senso di giustizia e rivalsa in anti-politica?
    Profonda analisi di Rosi, non priva di una sottile retorica, sulle idee socialiste di Levi riproposte a un Italia ancora in balia degli anni di piombo- segnata un anno prima dell'uscita del film dal delitto Moro.

    RispondiElimina
  2. Grazie per questo acuto commento al film. I registi di impegno civile come Rosi, ai giorni nostri, girano documentari digitali (tranne rare eccezioni: in Italia Marco Tullio Giordana). Perciò il film appare ancora più seducente agli occhi miei: un'opera a metà tra fiction e documentario che sa immortalare un momento storico cruciale con grande sensibilità.

    RispondiElimina