domenica 27 febbraio 2011

Lourdes di Jessica Hausner




Ma che cos'è questo film? Di che tratterà? 
I luoghi dove, secondo la superstizione cattolica, accadono i miracoli suscitano in me un misto di  nausea e curiosità: la curiosità non è tanto per il mistero della potenziale "grazia divina", quanto per la psicologia umana, che spinge masse di individui a venerare un idolo per ottenerne dei benefici. 
"Lourdes", storia di una malata di sclerosi multipla che si reca a Lourdes nella segreta speranza che accada un miracolo, è un film dai toni assai neutrali, un ritmo lento, una camera prevalentemente statica e una sottile ambiguità di fondo.
L'idea è quella di lasciare spazio alla psicologia dei personaggi. La donna malata invidia le possibilità della sua giovane infermiera, che combatte la noia di vivere scindendosi tra tentativi di fare del bene al prossimo e abbandono ai piaceri mondani. Le anziane baciapile si interrogano e contestano la sensatezza di un miracolo avvenuto ad un malato piuttosto che ad un altro. Il prete si affanna a procurare risposte ai fedeli più dubbiosi. 




Il più grande valore del film, a mio avviso, sta nell'andare a sondare la relatività di quel complesso di condizioni che definiamo "felicità". Alla mancanza o meno di tali condizioni posso sommarsi sentimenti quali l'invidia, il confronto tra individui e percorsi completamente differenti, che avvelena qualsiasi tentativo di compassione e comprensione cristiana.
In tal senso non mi sembrano sensati i paragoni con Bunuel o Dryer, laddove il primo è acutamente, ironicamente spietato nei confronti dell'ipocrisia religiosa e il secondo un autentico indagatore del mistero più profondo della vita. L'austriaca Hausner, invece, che ha già fatto molti film ma di cui non ci è capitato di vedere nulla, sembra invece una versione decisamente più edulcorata dell'algido e spietato Hanake, suo compatriota.

giovedì 24 febbraio 2011

True Grit di Joel e Ethan Coen

 
 
 
Continua la narrazione dei fratelli Coen sulle molteplici facce degli U.S.A. 
Al loro caleidoscopico affresco della stupefacente "terra delle opportunità" si aggiungono infatti nuovi, potenti ritratti. Sto parlando di Rooster Cogburn (Jeff Bridges), un ex sceriffo crepuscolare e trasparente quanto solo certi personaggi di peckimpackiana memoria sanno esserlo, e di Mattie (Josh Brolin), una ragazzina 14enne grintosa, spavalda, determinata. 
E' proprio lei a dare vita all'azione cinematografica: l'avventura che ci racconta, mossa dalla precisa volontà di sterminare l'assassino del padre, è quella che marchierà a fuoco la sua esistenza. Mattie vuole con cieco ed efficentissimo furore l'inseguitore più spietato che il mercato le possa offrire e si imbatte in Cogburn: un personaggio scettico, alcolizzato, dal passato fosco, i modi rudi e un futuro tutt'altro che limpido (assolutamente da ascoltare la voce originale!). I due si muovono in un ambiente brutale, oscuro, nero nell'anima (lo stesso descritto efficacemente da McCarty nel suo western "Il buio fuori", da cui i Coen hanno tratto "Non è un paese per vecchi") dove buoni  e cattivi sono indistinguibili allo stesso modo in cui vita e morte si intrecciano senza soluzione di continuità. Mattie, che difetta solo d'esperienza, non si rende bene conto che seguendo la cieca volontà di vendetta sta definitivamente abbandonando la propria fanciullezza per immergersi a piè pari in questo mondo rude, spietato, dove "uccidi o vieni ucciso".
Il film è una avventurosa, divertente e al tempo stesso oscura cavalcata nel mondo del selvaggio West, tutta da godere. Trasuda della passione che i Coen hanno per i propri personaggi sebbene, a mio avviso, abbiano concentrato tutto il loro ardore sui due caratteri suddetti, lasciandone altri ai margini (come il funzionale ma meno significante LaBoeuf, interpretato dal troppo spesso monocorde Matt Damon).
E' un film che mi sento calorosamente di sponsorizzare a chiunque abbia il gusto per le storie e con cui i Coen tornano, per tutti i fans che ne avessero sentito la mancanza, su un territorio meno "metafisico" degli scorsi due film: qui, ciò che conta prima di tutto, è raccontare con gusto.



La scena che mi è rimasta più impressa

La spossante e angosciante cavalcata con cui Cogburn cerca di salvare la vita a Mattie: qui l'ex sceriffo dimostra tutta la sua complessità (si danna per salvare qualcuno, lui che mai esita ad uccidere) e tutto riporta alla mente le storie dove ci si muove tra vita e morte, come i miti di Orfeo/Euridice e le traversate di Caronte.