Scrivere il diario è una pratica utile alla ricerca e all'attribuzione di senso a ciò che mi capita. ( osservare il senso che le cose hanno per me? O dare un senso le cose? In questo caso " chi " dà il senso? )
Ogni giorno la mia condizione, la mia identità, è soggetta a micro movimenti, a molte influenze. Se dovessi utilizzare un approccio ecologico, direi che essa é inserita in tanti contesti, più o meno ampi, che si condizionano reciprocamente: un giorno scopro di avere un interesse poco coltivato; un altro viene varata una nuova legge sulle condizioni lavorative dei precari; un'altro ancora trovo e bacio una ragazza. Un giorno divento padre, un giorno una collega mi gratifica per la professionalità, il giorno dopo riconosco di padroneggiare il francese. Ogni giorno la mia identità, il mio ruolo nel mondo, nella società, nelle relazioni, muta. Tanti micro movimenti che spesso avvengono al di sotto della soglia di coscienza. Di fatto tutto muta, tranne l'idea che ho delle cose. Ma un bel giorno la distanza tra realtà e idea si fa troppo ampia, produce sofferenza, necessita una revisione.
Io sono a questo punto. Il diario mi aiuta rilevare quanto accade. Vivere con più coscienza è utile? È appagante? È formativo? Direi di sì: a parità di geni un individuo con più coscienza diventa altro. È la coscienza che caratterizza l'" umanità "? Jung sosteneva di sì.
Tutto muta,secondo me, anche l'idea che abbiamo delle cose. Un diario io non l'ho mai scritto, nel senso del classico supporto cartaceo che segni il succedersi delle mie confidenze... però i miei pensieri li ho sempre disseminati in fogli volanti o in pagine virtuali, quindi potrei dire che sì, è come scrivere un diario. E sì, lo trovo appagante, un modo utile di essere più cosciente a me stessa
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