sabato 11 dicembre 2010

Il compleanno


E' raro trovare un film italiano che parli di sentimenti e che non scada nei clichè, nel già detto, nei triti e ritriti stilemi di un cinema che, a partire dagli anni 90, non ha mai smesso di copiare se stesso (ricordo bene la tendenza che fece il superficiale "l'ultimo bacio", ma forse qualcuno saprà citare film antecedenti che abbiano fatto da modello allo stesso Muccino).



Ebbene "Il compleanno", diretto dal (mis)conosciuto Marco Filiberti, alla seconda opera per il grande schermo, ha secondo me uno sguardo diverso, più autentico: è evidentemente diretto da qualcuno che i sentimenti (ma in questo caso parliamo di vere e proprie passioni che sfociano nel più classico del melodrammi) li vive sulla propria pelle ed è capace di raccontarli attraverso il cinema.
Filiberti punta in alto e ambienta la prima sequenza del film all'opera, con la messa in scena del "Tristano e Isotta" di Wagner, facendone una vera e propria dichiarazione d'intenti: attraverso la collocazione dei personaggi nel teatro, i loro sguardi, la partecipazione al dramma, l'autore ci dice molto sui personaggi presentati. Durante l'intero film l'autore cita, riutilizza, ricorda Mahler (sinfonia n.5), Mann (Morte a Venezia), Visconti (Senso, Morte a Venezia), Silk (Come foglie al vento), Fassbinder, Proust, l'incantevole scenario del Circeo e tutto il retaggio della cultura ellenistica e mediterranea antica.
Ci racconta una storia sicuramente non originale, anzi per certi versi scontata  (riflette in pieno l'omofobia e il senso di colpa italiani, retaggio di secoli di condizionamenti cattolici) ma ha il merito, non banale, di mettere al centro della vicenda un uomo complesso, tormentato, acculturato e di provare ad indagare i profondi recessi del suo sentire. Nel desolante piattume culturale e nel superficiale girotondo emotivo promosso dai mezzi di comunicazione del belpaese, questo è un merito non da poco.

2 commenti:

  1. Ho visto il film e, a mio giudizio, non credo che il panorama cinematografico, almeno italiano, potrà più riuscire a toccare l’apice dell’insulso e del banale in modo tanto compiuto. Se il regista, con questo capolavoro dei luoghi comuni e dei peggiori stereotipi, intendeva proporre una denuncia sferzante all’omosessualità e alle nefande conseguenze in cui s’incorre qualora si ceda ad essa, ci è riuscito pienamente.
    L’uomo acculturato, che s’è fatto da solo e si presenta come buon padre di famiglia, viene folgorato dalla bellezza di un ragazzino. Null’altro che un’attrazione meramente fisica, destinata a concretizzarsi in un rapporto esclusivamente sessuale.
    La vittima sacrificale è ancora un minorenne, fino perlomeno all’escomotage del diciottesimo compleanno, l’occasione per concupirlo, giusto per non incorrere nella denuncia e nel ritiro censorio della pellicola. Un giovane che riassume in se tutti i cliché tipici dell’immaginario omoerotico: bello, aitante, vanesio, sciupa femmine. Un individuo cinico, che permette alle coetanee di invaghirsi di lui, di farsi sedurre, salvo poi lasciarle inevitabilmente insoddisfatte e addolorate.
    Studia in America, e i rimandi all’emancipazione, alla vita disinibita e patinata li si riscontra nella sua attività di modello, le cui riviste e book fotografici si porta puerilmente appresso nella parentesi italiana, dove, di contro, il contesto è quello del provincialismo, dei gruppi amicali calati nella noia e nel superficiale. Il narcisismo ostentato del modello è proposto fin alla nausea, tanto che l’onanismo medesimo dell’attore trova l’apice del piacere ritraendosi in uno specchio.
    Così l’altro protagonista, l’analista colto, che cita autori classici e passa il tempo a leggere saggi impegnati, non può non cadere ammaliato da questo novello Ganimede: galeotte sono le sbirciatine voyeuristiche di nascosto nei momenti d’intimità e di solitudine del ragazzo.
    Scene di frustrazione, d’isteria e di gelosia, appannaggio delle commedie più trite e ritrite, condiscono la trama del gioco seduttivo, che non può che portare a un effimero e furtivo godimento momentaneo, peraltro orchestrato senza alcuna strategia razionale, degna dei più sprovveduti amanti alle prime armi, in preda a un vortice di passione animalesco e bestiale.
    Prontamente punito dal castigo: non risultando bastevole al pathos del film l’essere colti in flagrante, s’inserisce anche la tremenda damnatio mortis della moglie, esserino semplice e materno, ingenua e tenera. Vittima, suo malgrado, dell’egoismo e della lussuria perversa del coniuge. L’esito postumo della tragedia, in conclusione, non ha neppure più il fascino del sorprendente: a questo punto l’ovvietà dell’inevitabile senso di colpa arriva puntuale ma non liberatorio quanto i titoli di coda.

    Soltanto la noia costante delle scene, l’elementarità dei dialoghi e l’insipido ruolo dei personaggi che ruotano intorno alla vicenda hanno consentito a “Il compleanno” di passare in sordina e di sfuggire alla possibilità di ergersi ad icona rappresentativa dell’omofobia più bieca, che nell’esito finale compendia i giudizi e le speranze di un moralismo ottuso e determinista, oggi purtroppo ancora fin troppo diffuso e imperante nella nostra società perbenista e superficiale.


    RispondiElimina
    Risposte


    1. Aimè, la critica è puntuale, il film tiepido nella memoria e, a quanto ricordo, effettivamente limitato in diversi punti. Qualche tempo fa un amico mi ha chiesto di rivederlo ed io non ne ero proprio entusiasta, tanto che alla fine non l'ho fatto.
      Tuttavia ricordo che, ciò che più mi aveva interessato quando lo vidi, era il fatto di raccontare la devastazione di un uomo che trattiene i propri affetti, la propria natura, fino alle estreme conseguenze, a prescindere dal fatto che si trattasse di omosessualità. Probabilmente aveva fatto breccia nel mio animo per il periodo personale che stavo vivendo. Lo rivedrò.
      Ad ogni modo ti devo ringraziare, Luca: è sempre più raro sentire qualcuno argomentare una critica con tanta dovizia di particolari e di attenzioni. Mi spiace solo di non essere all'altezza di controbattere adeguatamente ;P

      PS: pare che il regista sia omosessuale dichiarato, lo sapevi? Mi chiedo come reagirebbe alla lettura del tuo giudizio :)

      Elimina